Ci sono dei momenti in cui si ha la sensazione di non vedere al di là della complicazione, in cui la vita è tutta un grande stento e i giorni non sono più nient'altro che un alienato avvicendarsi di doveri e relazioni.
Non si può che assistere al mondo come ad un manifesto già letto e sorpassato, ci soffochiamo nella consapevolezza della realtà e l'affondiamo nell'illusione e nel sogno. Ci assorbe l'infinito che lasciamo tutto quanto un incubo abbozzato, vogliamo farlo nostro a forza di definizioni, e allora sentiamo "assoluto", "eterno", "sconfinato" in ogni dove, sulle pubblicità di viaggi e sulle testate dei giornali. Non ci appartiene l'infinito, possiamo solo presagirlo, e difficile non è tanto saperlo ma accettarlo. Le religioni dispensano consigli ed omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa, perché sanno che il rimorso è il prezzo da pagare per credersi assolti e fingersi felici. Sono i "puri di cuore" gli eletti, senza comprendere che in fondo la purezza sta nell'autenticità e non nella costruzione di etiche e morali ultraterrene e immaginarie. Comprate l'infinito e avrete la terra. La terra è qui, di fronte a noi, tutta concreta e materiale, la terra non va cercata in altri mondi, va scoperta giorno dopo giorno nella sua muta presenza. Io credo in ciò che è vero, e non nell'improbabile, e la felicità è solo una chimera per farci derivare. Perché, citando Kant, "la morale non è la dottrina del come renderci felici, ma del come diventare degni di possedere la felicità".
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