Vi è mai capitato di aprire un giornale e di leggere articoli contorti ed ermetici, traboccanti di figure retoriche e di metafore spesso forzate, con parole direttamente mutuate dai romantici dell'800 e frasi che durano una ventina di righe con un solo punto e, quando si è fortunati, un paio di virgole?
O di leggere incipit di romanzi con sezioni descrittive di una decina di pagine, irte di fronzoli e manierosi artifici, che si dilungano in contemplazioni di cieli banalmente scuri e stellati?
A me sì, e anche molto spesso. Questo, signori, non è saper scrivere. Questo è uno sfoggio intellettuale ed erudito fine a se stesso. Il vero stile è agile, sferzante e in un certo senso quasi nervoso. Come una serie di fotogrammi. Colloquiale a tratti, ma mai scadente. Intuitivo ma non banale. Lo stile di Carlo Levi, insomma. O di Saramago. Aprite la prima pagina di "Cristo si è fermato ad Eboli" e non potrete far altro che rimanere sconvolti di fronte ad un'immediatezza espressiva tanto sconvolgente. Quasi lapidaria. Siamo nell'epoca dell'essenziale e dell'effetto. Delle pubblicità e delle comunicazioni. L'epoca "minimal", per dirla come un mio amico impiegato nel design. Quello che serve è eleganza. Essenza. O forse, poesia.
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